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La valutazione della prova scientifica tra fine di verità e ragionevole dubbio

 

“Verità” è una parola che gli antichi Greci definivano in termini non affermativi, ma di negazione: “a-letheia”, con ciò intendendo ciò che non si nasconde ma si svela.

Il processo penale di tipo accusatorio mira ad assolvere una funzione “aletica”, diretta a svelare ciò che non si nasconde, anche grazie all’intreccio sempre più forte dei rapporti tra la scienza e il diritto.

 

Il progressivo irrompere della scienza nel processo penale, reso manifesto dalle teorie generali della conoscenza, dall’epistemologia della prova, dal principio del libero convincimento del Giudice e dalla giustificazione razionale della sua decisione, deve, però, fare i conti con fattori quali il dramma del giudicare in condizioni di incertezza probatoria, anche quando l’indagine sui fatti di reato e la loro ricostruzione è stata affidata a modelli scientifici introdotti grazie al sapere specialistico del perito e del consulente tecnico. 

 

L’accertamento probatorio e la decisione giudiziale devono confrontarsi con una logica inferenziale di tipo induttivo-probabilistico: un fatto avvenuto nel passato va ricostruito nel presente, e quando non è possibile riprodurre le cause occorre inferirle dagli effetti, ragion per cui il percorso logico-argomentativo che guida l’itinerario del Giudice è caratterizzato dalla “retrospezione”.

Ciò significa che al fine di ricostruire l’esistenza di un fatto storico appartenente al passato e non più riproducibile nell’esperienza attuale, occorre procedere a ritroso, mediante la verifica delle prove secondo procedure di tipo probabilistico, in termini, cioè, di verosimiglianza, plausibilità, corrispondenza e più o meno alta probabilità.

 

Nella motivazione in fatto il Giudice perviene alla conclusione di conferma o di falsificazione dell’enunciato formulato dalla Pubblica Accusa solo dopo aver dato conto della validità o meno delle ipotesi antagoniste formulate dalla difesa (art. 546 comma 1 lett. e) c.p.p

 

Nel prisma del contraddittorio la prova scientifica, dunque, è destinata a

svolgere un ruolo di rilievo e in taluni casi, addirittura decisivo nel ragionamento e nella decisione del Giudice, poiché si rivela idonea ad accorciare i tempi e gli spazi dei percorsi di verità e a ridurre l’area del ragionevole dubbio.

 

In questo quadro, tuttavia, non deve perdersi di vista un dato, ossia quello secondo cui la prova scientifica non può mai portare l’accertamento e la valutazione dei fatti a un grado di certezza assoluta; la scienza è fallibile e tale paradosso serve a fare acquisire quella consapevolezza secondo cui il metodo scientifico, anche quello più avanzato e caratterizzato da scarsi margini di errore è, in realtà, in grado di offrire risposte nel processo solo in termini di probabilità (talora bassa o medio-bassa, altre volte alta o medio-alta).

 

Nei rapporti tra scienza e diritto, inoltre, a giocare un ruolo significativo è il fattore tempo, tenuto conto del fatto che l’accertamento dei fatti in sede processuale è condizionato dal tempo e che il Giudice deve giungere alla conclusione del processo in base agli elementi probatori di cui dispone, per quanto prematura e revocabile possa apparire la sua decisione agli occhi degli scienziati.

 

Il più recente indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione ha ritenuto che in tema di “revisione”, ad esempio, la perizia ben può costituire “prova nuova” laddove sia fondata su “nuovi metodi ed acquisizioni scientifiche idonei a superare i criteri di valutazione di elementi fattuali, pure già noti ai periti e al Giudice e adottati nel precedente giudizio

 

Il costante divenire della conoscenza scientifica e il più elevato standard decisorio del ragionevole dubbio influenzano sia la valutazione delle prove sia il giudizio conclusivo, destinati entrambi a doversi misurare con un punto di vista esterno e per così dire mutevole, dettato dall’evoluzione delle conoscenze scientifiche e da cui può derivare, nel caso concreto, il ragionevole dubbio circa la colpevolezza dell’imputato. 

 

Avv. Raffaella Beato

 

 

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